Capisci di essere arrivato quando percepisci quell’odore.
C’è il buio. Quel maledetto buio che ti sovrasta e che ti impedisce di cogliere gli scorci migliori.
E poi il silenzio. Quel silenzio sempre uguale, che rende i tuoi passi pesanti come macigni e ti stringe i polmoni in una morsa che ti blocca il respiro ad ogni rumore a te estraneo. Gli edifici abbandonati mi hanno insegnato la solitudine.
Mentre penetri questi luoghi impari ben presto che sei solo. Un museo senza una guida. Ma, quegli stessi edifici, mi hanno insegnato la sottile arte dell’osservazione. Questi luoghi ti parlano con piccole tracce nascoste. Che sono lì, e aspettano solo te, in una bolla di tempo sospeso.
Spesso mi sono chiesto il motivo per cui ho iniziato a fare esplorazioni. Ho scoperto che, in fondo, ad essere abbandonati non sono solo le centinaia di migliaia di edifici che, là fuori, aspettano solo di essere esplorati. Quello ad essere abbandonato sono anche io. Abbandonato da chi non avrebbe dovuto abbandonarmi mai.
Ma gli esseri umani, a differenza degli edifici, spesso non vanno d’accordo con la razionalità.
In quei luoghi dove spesso la natura è tornata sovrana, la mia mente si svuota e provo un senso di totale empatia con il Tutto. Al contempo, è un vero e proprio monito all’impermanenza e alla provvisorietà di ciò che mi circonda.
Con le mie immagini voglio trasmettere a chi le osserva le stesse emozioni che provo io. Lo stupore, il turbamento e la meraviglia. L’inquietudine. Vorrei anche riuscire a riportare l’attenzione su alcune perle del nostro patrimonio storico-artistico architettonico, molto, troppo spesso dimenticate.